Dove
vien meno l'interesse, vien meno anche la memoria.
Johann
Wolfgang Goethe
E'
vitale riconoscere al Piano del Colore (a cui si associa talvolta
anche il Piano del Decoro Urbano) e agli studi sulla Toponomastica
un'importanza fondamentale, in quanto hanno come obiettivo comune il
recupero dell'identità storica e culturale dell'intero territorio
comunale, nel caso del Piani, anche attraverso la riqualificazione
dell’ambiente costruito.
Il
Piano del Colore e quello del Decoro Urbano sono infatti entrambi
strumenti che scaturiscono da uno studio il cui scopo è individuare
norme tese al recupero dell’immagine della città nel suo
complesso, nonché del suo territorio e della sua identità storica e
culturale.
Dopo
la tabula rasa effettuata con le riparazioni attuate in seguito al
Sisma 1980 caratterizzate anche da un uso spropositato dell'intonaco
sulle facciate, non solo a coperture di tessiture murarie e
rifiniture importanti come documenti storici, ma anche a copertura di
epigrafi, steli funerarie, e quant'altro, trovare oggi una regola per
decidere in modo serio sul colore da applicare ai fabbricati è quasi
impossibile. Specie nella consapevolezza che queste indicazioni
debbano essere uno degli elementi costitutivi dell’immagine
paesistica dei luoghi, importante strumento di riqualificazione e non
un elemento scelto a discrezione del proprietario o del tecnico o
permesso dall'ignavia e dal disinteresse delle autorità o degli
organi di controllo competenti.
Dare
indicazioni riguardo alle tinte da applicare, ai materiali, alle
tipologie da utilizzarsi per tutti gli elementi, siano essi
funzionali, decorativi o tecnologici (infissi, tabelle, ringhiere,
coperture, ecc.) e che riguardano le sistemazioni esterne degli
edifici è, non da oggi, tanto urgente quanto non più
procrastinabile.
Sia
quindi chiaro, per quelli che ancora non sono in grado di distinguere
quello che è compito dell'Architettura da quello che concerne la
pittura, che le indicazioni fornite nel Piano del Colore hanno lo
scopo di tutelare da un lato l’identità storica del fabbricato e
dall’altro la percezione visiva del contesto come armonico insieme
dell'ambiente costruito e naturale.
Nel
caso di Atena, non mi stancherò mai di dirlo, questa identità
abbiamo cominciato a perderla trent'anni fa e ancora non abbiamo
trovato né la capacità, né la voglia fare qualcosa per
recuperarla, che vada oltre l'enunciazione di buoni propositi.
Tornando
alla toponomastica, essa rappresenta l'insieme dei nomi delle entità
geografiche e lo studio delle stesse attraverso discipline
specifiche, come la storia e la linguistica. Concerne la
toponomastica, quindi, in primo luogo il censimento dei toponimi del
territorio che però non si ferma necessariamente a quelli ancora
reperibili sulle cartografie in uso, ma può estendersi anche alla
consultazione di registri storici e antiche planimetrie o anche,
quando ancora possibile, della memoria degli anziani. In questo caso
però è maggiore il rischio di ottenere non il nome originario in
una lingua antica, magari di un popolo che ha dominato o anche solo
stanziato per qualche tempo nell'area, ma talvolta una sua
storpiatura dialettale.
In
questo caso si parla di toponomastica storica che ancor più di
quella che potremmo definire “generale”, cerca di collegare il
toponimo del luogo con l'individuazione del suo originario
significato: pizzoddi, aria favata, ruddu, siddittu, 'a rinazza,
macirrina, , nel parlato hanno preso il posto di Pezzolle, Aia
favata, Rullo, Sellitto, Arenaccia, Macerrina, ad esempio.
Alla
luce di ciò, è evidente che non è sempre facile collegare il nome
al luogo e talvolta ancor meno collegare il nome al suo significato,
poiché spesso queste storpiature dialettali tendono a cambiare il
toponimo fin quasi a renderlo irriconoscibile. In questo caso la
ricerca storica dei toponimi non più in uso da tempo e quindi
dimenticati anche dalla tradizione orale, effettuata da catasti
storici, archivi parrocchiali e comunali o anche attraverso diari o
atti notarili non sono sufficienti a ricollegare il luogo e il suo
antico toponimo.
Fare
delle supposizione è tanto lecito quanto arrischiato e questo anche
quando l'evidenza sembra lampante. Nella sfera della congettura,
seppur confortata dalla logica e dal ritrovamento storico, va anche
quanto riporto di seguito, in parte già pubblicato sul mio profilo
Fb e che rappresenta solo un assaggio degli studi sui toponimi e
tanto altro, iniziati con l'intento di recuperare il recuperabile
della nostra storia.
Macerrina:
(Credo
in origine macerina, pl. macerine e macherina in Regesti della Certosa di Padula -dal 1070 al 1400- al numero 933)
“Vi
sono degli scavi più o meno profondi fatti nel terreno, in collina
ove son delle polle, o scaturigini d'acqua, e nelle pianura nei campi
situati in vicinanza degli argini dei fiumi, e queste pozze son dette
macerine, per l'uso a cui le destinano. Distendono, e ricoprono con
un primo strato di manne (mazzi
di canapa o lino n.d.r.) il fondo della macerina, dopo con
un secondo, e così di seguito fino a che la macerina stessa è
ripiena di canapa, e se l'ultimo strato di essa non fosse ricoperta
bene dall'acqua, lo caricano con pietre, onde compressa da questo
peso, venga ad esser dominata tutta dal liquido".
Non a
caso la Macerrina è un'area pianeggiante compresa tra il fiume
Tanagro e la Ferrovia Sicignano-Lagonegro ed è quindi quanto meno
probabile che in questo luogo fossero presenti le apposite fosse
realizzate per la macerazione di questi mazzi di canapa per ottenere
la separazione delle fibre dal fusto.
Del
resto la coltivazione di canapa nel Vallo di Diano è documentata e
al museo di
Teggiano
è conservato un antico telaio per tessere la tela, insieme ad una
gramola per la canapa, ai dipanatoi, ai filatoi ed altri attrezzi
della vita contadina.
Anche
sul sito del comune di Polla si fa riferimento a questa coltivazione
attuata in località Fontana del Praticello. In proposito si legge:
“Questa
fontana raccoglie le acque che defluiscono dalla Foresta, attraverso
un vallone. Nel corso del 1890 il Comune deliberò la costruzione,
sul posto, di un abbeveratoio così grande da servire per bagno delle
pecore prima della tosa e di una vasca da servire alla macerazione
del lino e della canapa, nonché di un lavatoio. Oggi sul posto c'è
una nuova vasca, costruita da qualche anno per comodità dei
contadini. Le acque, uscite da essa, raggiungono il Tanagro che
scorre a circa 30 metri più giù.”
Scafa:
(il
toponimo ha conservato il suo nome originario)
Dal
vocabolario Treccani:
scafa
[scà-fa]
s.f.
ST
Presso gli antichi Romani, battello a remi usato nella navigazione
fluviale per i collegamenti tra la costa e le navi. Nel Seicento e
Settecento, battello leggero, a remi o a vela, al servizio di
un'unità maggiore. pegg.
A
proposito della scafa di proprietà di Giuseppe Caracciolo ho già
avuto modo di parlarne nel mio precedente scritto su “i mangia
signuri ri Atena”. Lo riporto per comodità: "L'universitù
chiese, segnala il Cassandro, <<che il feudatario [...] non
pretenda di riscuotere un fitto annuo di 50 ducati per la scafa che
possiede sul fiume pubblico (Chiarisce V. Bracco che in qual tempo
non vi era il ponte sul Tanagro che <<da sotto Atena taglia il
Vallo e sbocca a San Marzano, per cui si era obbligati a servirsi
della "scafa" del principe su cui si pagava il pedaggio,
per cui "si aveva un ponte in meno e una speculazione in più>>).
L'area
della Scafa è infatti anch'essa dei pressi del Tanagro, sulla sponda
opposta a quella nei possedimenti del comune di Sant'Arsenio, di cui
fa parte anche la frazione di San Marzano.
Serrone:
(il
toponimo ha conservato il suo nome originario)
"Pel
fabbricato Atena si può dividere in due parti; una che sta a
cavaliere del colle, ed è approssimativamente l'Atena medievale; e
l'altra che potrebbe dirsi l'Atena moderna, costituisce il borgo, che
dal colle si estende al piano"
da
Istoria di Atena Lucana
del Dottore Michele La Cava.
"In
quanto a quest'ultima (si riferisce ad Atena n.d.r.), per la quale
solamente ascriviamo, prescelsero quell'alta collina che guarda a
mezzogiorno la valle di Diano, in piedi alla quale collina dovettero
essi costruire un grosso muro di cinta alla medesima, del quale si
sono trovati gli avanzi alla parte di mezzogiorno, e di ponente sotto
Atena, ed in diversi luoghi: al Serrone di San Cipriano per
estensione di metri 313; a San Vito in mezzo al Petto per una
lunghezza di metri 150; da questo S. Vito al ciglio del Vallone
Arenaccia altri metri 350, sempre in pezzi distaccati. Questo muro
costituiva una cinta semi-ellissoidale della lunghezza di un 2000
metri: La muraglia era grossa tre metri, composta di massi
grossissimi divelti da quel suolo calcareo, e si giudica esserne
stata la costruzione della prima epoca pelasgica atteso la rozzezza
dei massi, senza arte alcuna di faccettazione, accatastati l'uno
sull'altro, e senza cemento."
da
Notizie
storiche sulla distrutta città di Atinum Lucana dai tempi incerti
fino al secolo XIX di
Avv. Giov. Battista Curto , Tipografia De Marsico 1901
“Del
periodo <<Enotrio>> (inizi V e VI sec. a.C.) bisognerebbe
orientarsi anche per le mura <<Ciclopiche>> di Atena, ,
la cinta murale megalitica preromana distanziata dall'acropoli e
formata da grossi e rozzi massi accatastati senza cementazione, di
cui a fino '800 restavano tracce per più di 800 metri, […] a
tratti discontinui su una linea semiellissoidale di circa due
chilometrida ovest, porta d'Aquila, ad est, collina del Serrone. Oggi
ne è visibile l'unico tratto rimasto […] di circa 100 metri in
quanto c'è stata nel '70 la scomparsa di circa 200 metri della cinta
sotto materiale di sterro per i lavori della superstrada per Taranto,
e nell'82-83 il dissesto del tratto superstite e per i lavori di
riforestazione e per il passaggio di un acquedotto. Sarebbe
necessario da parte di Enti pubblici e privati l'impegno a
collaborare con la Soprintendenza, avvisando in tempo dei lavori
programmati e in atto, e sarebbe utile realizzare una stradina di
accesso alle mura che, nell'attesa di essere valorizzate, chiedono di
restare almeno dove e come sono. […] Ma dove risalivano ad est le
possenti mura? Osservando la zona, pur nel dissesto del terreno, si
notano tracce di massi del paramento esterno e più labili
dall'interno allineati sulla scarpata affacciata sul vallone
Caravallo […] e se ne deduce che il circuito murale non doveva dal
Serrone << girare
bruscamente ad est>> come afferma G. De Henry sulla base di
studiosi dell'800, ma continuare verso est per discendere e risalire
nel vallone, come ad ovest in quello del Masciaro. La stessa collina
del Serrone ha rivelato, dal terreno sconvolto dai lavori, una gran
quantità di pietre di grosse , medie, piccole dimensioni e lascia
supporre che l'altura, nel suo vertice a montarozzo, ricopra una
antica struttura che potrebbe rivelare il corpo stesso della
fortificazione. Sarebbero interessanti scavi sistematici nella zona
per fare chiarezza sulle mura preromane di Atena e sulla stessa
cittadella (enotria?) che probabilmente circuivano. [...]
da
Atena
antica di
Elena D'Alto, Pietro La Veglia Editore 1985
Riporto
di seguito l'etimologia del termine borgo ed in particolare trovo
interessante:
- Borgo che poteva indicare anche "luogo fortificato" e non solo "abitato fuori le mura"
- "Gos" il cui significato fondamentale è serrare e quindi chiudere, compito di una cinta muraria a difesa di un luogo. Serrone è il toponimo del luogo in erano state innalzate una parte delle mura ciclopiche.
Risalire
alle motivazioni del nome del luogo è importante per capirne la
storia, ma mi rendo conto, a distanza di anni e delle tante parole
spese su questo argomento, che anche la Dottoressa Elena D'Alto,
scomparsa qualche anno fa, è stata già in vita dimenticata, così
come i suoi ritrovamenti archeologici, da quegli Enti pubblici e quei
privati a cui chiedeva aiuto nel lontano 1985, perché le vestigia della
nostra storia non andassero perdute.
Sarei curioso di sapere quanti ragazzi di Atena, conoscono ora l'ubicazione di questi pochi toponimi citati e dei tanti altri ancora oggetto di studio da parte mia e di pochi amici che condividono con me la passione per lo studio della nostra storia. Vorrei sapere poi quanti leggono queste righe con interesse e la dovuta attenzione e quanti tra questi si sentono smuovere qualcosa dentro e vorrebbero dare il loro contributo a queste ricerche, portate avanti prima indipendentemente e da oltre un anno ormai in forma corale, sempre e rigorosamente senza alcun finanziamento o compenso o pubblico riconoscimento, ma solo per amore della propria terra.
Sarei curioso di sapere quanti ragazzi di Atena, conoscono ora l'ubicazione di questi pochi toponimi citati e dei tanti altri ancora oggetto di studio da parte mia e di pochi amici che condividono con me la passione per lo studio della nostra storia. Vorrei sapere poi quanti leggono queste righe con interesse e la dovuta attenzione e quanti tra questi si sentono smuovere qualcosa dentro e vorrebbero dare il loro contributo a queste ricerche, portate avanti prima indipendentemente e da oltre un anno ormai in forma corale, sempre e rigorosamente senza alcun finanziamento o compenso o pubblico riconoscimento, ma solo per amore della propria terra.
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My Great Great Grandpaetents are from Atena Lucana. Francesco DeMarsico and Teresa Cicchetti DeMarsico. There isnt a whole lot of information on Atena Lucana. I have sought out history from this village for over 20 years. Not only am I very interested but thank you for your writings.
RispondiEliminaTeisha Marie